Segnati queste date: domenica 8 e lunedì 9 giugno. Non sono solo le solite elezioni amministrative. Si vota anche per 5 referendum che toccano la carne viva della nostra quotidianità: lavoro, sicurezza, diritti, immigrazione. Sì, stavolta si parla di NOI. E decidiamo NOI.
Non si tratta di cavilli da tecnici. Si tratta di futuro. Di diritti veri. Di vite reali. Promossi da sindacati come la CGIL e da movimenti civici, questi referendum possono davvero riscrivere le regole del gioco.
Ecco i 5 quesiti spiegati senza burocratese:
Vuoi che chi viene licenziato ingiustamente abbia il diritto al reintegro, come succedeva prima del Jobs Act?
Oggi chi lavora in un’azienda con più di 15 dipendenti, se licenziato ingiustamente, riceve solo un risarcimento. Fine. Con questo referendum si torna a poter riottenere il posto di lavoro, come tutela concreta contro abusi e ingiustizie.
Perché un lavoratore licenziato ingiustamente in una piccola azienda dovrebbe valere meno?
Oggi nelle micro e piccole imprese il risarcimento massimo per un licenziamento illegittimo è di 6 mensilità. Troppo poco. Questo referendum dice: alziamo il tetto, trattiamo tutti con dignità.
Torna la causale nei contratti a tempo determinato. Serve davvero un motivo per non assumere a tempo indeterminato.
Se il contratto dura meno di 12 mesi, oggi il datore non deve neppure spiegare perché non assume stabilmente. Questo quesito vuole ripristinare l’obbligo di motivare il contratto a termine: uno scudo contro il precariato usa-e-getta.
Se un lavoratore subisce un infortunio in appalto, anche chi ha commissionato il lavoro deve rispondere.
Basta con le scuse. Le grandi aziende devono essere corresponsabili anche dei rischi specifici, non solo di quelli generici. Perché nessuno dovrebbe morire di lavoro. Mai.
Dimezziamo l’attesa per chi risiede legalmente in Italia: da 10 a 5 anni.
Per uno straniero extracomunitario che vive, lavora, paga le tasse e manda i figli a scuola qui da anni… ha senso aspettare un decennio per chiedere la cittadinanza? Questo referendum dice: basta attese infinite. L’Italia vera è già mista, giusta e accogliente.
Perché il referendum sia valido serve che vada a votare almeno il 50% +1 degli aventi diritto. E stavolta, una novità importante: anche chi è fuori sede da almeno 3 mesi per studio, lavoro o cure mediche potrà votare. Una conquista, finalmente.
L’8 e 9 giugno non votiamo solo per cambiare una legge, ma per cambiare il sistema. Per dire che il lavoro non è una merce, che la cittadinanza è dignità, che la sicurezza è un diritto.
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